ANS(I)A DA BLOCKCHAIN – Fact checking di ANSA Ceck

6 Aprile 2020 -

ANSA ha recentemente annunciato il sistema blockchain based di tracciatura delle notizie realizzato in collaborazione con EY. Cerchiamo di comprenderne la validità con questo articolo scaturito dal confronto con il dott. Alessandro Parisi, autore del libro “Securing Blockchain“, che si ringrazia.

A scanso di equivoci con i “fondamentalisti della blockchain”, si precisa anzitutto che un sistema del genere deve essere permissioned, al fine di garantire l’identificazione degli autori degli articoli.

Circostanza che, di per sé, nulla toglie alla validità dell’infrastruttura, come testimonia la blockchain Scrypta fra tutte e per le ragioni che ho ampiamente espresso in precedenti articoli e nel webinar recentemente realizzato con Cidaro Srl, che possiamo riassumere in

permissioned e permissionless centralizzato e decentralizzato

Ebbene, al di là del fatto che non è il primo né tanto meno sarà l’ultimo sistema di questo tipo ad essere sviluppato, come testimonia Scrypta News, quello sviluppato da ANSA si sostanzia in un bollino denominato “ANSAcheck” che, apposto al termine dell’articolo:

  • ne testimonia la presenza in blockchain o, in altri termini, la paternità di ANSA;
  • garantisce conseguentemente all’utente, esplorandolo:
    • la sicurezza che la notizia letta sia effettivamente quella della testata ufficiale e non di un sito fake;
    • la possibilità di constatare eventuali correzioni apportate all’articolo successivamente al caricamento su blockchain e alla pubblicazione.

ANSA – per mezzo dell’amministratore delegato Stefano De Alessandri – ha affermato altresì che si garantirà al lettore la possibilità di verificare l’origine (fonti) delle notizie provenienti dai propri notiziari, siano esse presenti sulle piattaforme o distribuite ad altre testate editoriali o terze parti.

Da tale affermazione discende necessariamente che, in blockchain, debbano essere caricate anche le fonti primarie della notizia, garantendo che non vengano successivamente manipolate.

E’ un aspetto assolutamente rilevante quest’ultimo, poiché in sua assenza il sistema sviluppato da ANSA servirebbe a ben poco.

E’ noto infatti che il virus delle fake news, escludendo i casi esplicitamente criminali, deriva dalla mancanza di etica da parte di editori e direttori, che spesso adoperano le testate, anche pubbliche e di rilievo internazionale, per manipolare l’opinione pubblica, per raccogliere consenso sociale e, ovviamente, per monetizzare quanto più possibile e velocemente attraverso l’advertising.

Problemi aggravati dalle caratteristiche dell’odierno sistema informativo, ridottosi ormai ad una sorta di Schema Ponzi poiché fondato per lo più sulla costante ri-condivisione di notizie non originali e non verificate in ragione di un fragilissimo affidamento a catena.

Una forma di informazione per cui basterebbe una pagina social.

In un contesto del genere, è evidente che a debellare o almeno attenuare la piaga delle fake news non possa essere un bollino di corrispondenza dell’articolo con la blockchain ma il codice etico di redazione, revisione e pubblicazione adottato dalla testata, come il COPE (generalmente adottato dalle riviste scientifiche e, per inciso, anche da Crypto Avvocato per gli approfondimenti), nonché la fermezza dell’ordine professionale di riferimento nel farlo rispettare.

Poniamo quindi un esempio concreto per valutale l’efficacia del sistema:

Tizio ruba le credenziali per la redazione di articoli ANSA a Caio, potendo quindi pubblicare fake news certificate.

Avendo adottato un sistema blockchain based, permissioned ma decentralizzato, il legittimo giornalista potrebbe rientrare in possesso del proprio account ed emendare la fake news.

Il lettore, differentemente dall’attuale situazione, avrebbe la possibilità di constatare tali passaggi, ottenendo una sorta di weybackmachine.

Come detto, tuttavia, il sistema risulterebbe incompleto, se non addirittura sostanzialmente inutile nel contrasto alle fake news senza un minuziosa ricerca e reportistica delle fonti primarie, così come richiesto dal COPE per tutte le riviste scientifiche.

Per l’adozione di un tale sistema di informazione di valore, tuttavia, sarebbe necessaria una radicale modifica dell’impianto editoriale della maggior parte delle testate del Paese.

Mentre la ri-condivisione delle news, senza alcun contributo originale ulteriore apprestato dalla propria redazione, dovrebbe essere riservata alle pagine social, nei siti web ci si dovrebbe concentrare su approfondimenti originali, dotati di taglio critico e bibliografia.

Ne deriverebbe un pesante depauperamento delle testate, poiché i social non sono direttamente remunerativi e il flusso di views sui siti scemerebbe grandemente.

Quand’anche una rivista facesse tutto ciò, risolveremmo il problema delle fake news?

No

Veridicità dell’informazione e della conseguente analisi possono al più essere migliorate poiché, come spiegato nell’articolo dall’emblematico titolo “Chi certifica il certificatore”, procedendo a ritroso, sino alla fonte di qualsiasi processo produttivo, rinveniamo sempre un essere umano con un bagaglio di esperienze che ne condiziona l’operato.

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