HYPERLEDGER INDOVINELLO – Chi certifica il certificatore?

20 Novembre 2019 -

Per criticare Hyperledger e l’applicazione al made in Italy si dovrebbe conoscere anzitutto il nostro sistema economico, giuridico e tecnopolitico.

Giovedì 14 novembre, presso il Salone degli Arazzi del Ministero dello Sviluppo Economico, sono stati presentati i risultati del Progetto pilota con IBM, per l’applicazione della “tecnologia Blockchain” nel settore del tessile per la valorizzazione e protezione del Made in Italy.

Di seguito i tratti salienti del paper:

Hyperledger made in Italy
Hyperledger made in Italy
Hyperledger made in Italy
Hyperledger made in Italy

Uno degli aspetti principalmente criticati del progetto è l’uso di Hyperledger Fabric e la presenza del c.d. nodo autorità, deputato a valutare e certificare i dati immessi dal coltivatore e dall’azienda manifatturiera.

Posto che, come più volte ribadito nel paper, quella effettuata è stata solo una sperimentazione, limitata sia per numero di attori, sia per tipologia di operazioni effettuabili, pare opportuno spendere alcune succinte riflessioni sullo stato della nostra economia, al fine di inquadrare le rimostranze della community fra le critiche costruttive o le sterili polemiche.

Ebbene, è noto che il nostro sistema economico:

L’Italia non riesce ad emergere dalla crisi economica e le suddette PMI sono pressoché ovunque in sofferenza.

E’ noto altresì che per impedire che i dati vengano alterati a monte, ossia prima ancora del caricamento, la blockchain necessiterebbe di una galassia di dispositivi tecnologici in grado di sostituire gli umani, corruttibili, che attualmente attestano la veridicità di un fatto.

Tuttavia, è assolutamente lecito ipotizzare che, se il cambiamento venisse imposto in modo repentino, si determinerebbe un intollerabile ulteriore esborso per le suddette PMI e disoccupazione, in una economia già in sofferenza.

Peraltro, ciò non eliminerebbe comunque totalmente il problema “fiducia”, giacché si sposterebbe esclusivamente su differenti soggetti, precisamente le certification authorities informatiche, le aziende produttrici di software e hardware, tutte made in USA o Cina (e considerati i trascorsi non bisogna sicuramente fidarsi).

In definitiva, posto che raggiunto l’apice di una catena, la risposta all’indovinello iniziale, non può che essere NESSUNO;

che attualmente non vi sono modalità per eliminare del tutto l’umano da un processo (e il fatto stesso che siamo arrivati a porci così spasmodicamente il problema la dice lunga sulla qualità delle nostre relazioni);

considerati i suddetti tratti caratteristici della nostra economia;

come si può migliorare la trasparenza e l’efficacia di una catena produttiva, adoperando al contempo nuove tecnologie ma che non stravolgano il tessuto economico?

E’ la presentazione di progetti concreti che sappiano rispondere a tali complesse domande che determina la sottile ma fondamentale distinzione fra critica costruttiva e sterile polemica.

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