CRIPTOVALUTE – Cosa sono

18 Luglio 2019 -

Per comprendere cosa sono le criptovalute e quali applicazioni possono avere è necessario esaminarle sotto molteplici aspetti: informatici, economici e non in ultimo giuridici. In questo approfondimento, si forniranno le coordinate di riferimento per addentrarsi gradualmente nella materia.

Il Legislatore italiano, nel luglio 2017, ha elaborato la seguente definizione di valuta virtuale: “rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente[1]”.

Seppur generica, essa evidenzia correttamente le principali caratteristiche delle criptovalute e stabilisce una netta e decisiva differenziazione con la moneta elettronica, descritta dal TUB (Testo Unico Bancario) come: “il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento (…) e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente”[2].

Partendo da ciò ed entrando progressivamente nel merito di aspetti tecnici ed economici, si intende fornire un quadro dell’attuale panorama criptomonetario, utile non soltanto a comprendere l’attuale strutturazione del sistema economico e di potere globale[3], ma altresì a fungere da supporto per la risoluzione di problematiche specifiche come

per i privati:

  • l’idoneità delle criptovalute per il proprio modello di business;
  • l’opportunità o meno di investire su uno specifico progetto;
  • la possibilità o meno di conferimenti di criptovalute nel capitale societario;

in ambito pubblico:

  • l’individuazione della disciplina applicabile in campo fiscale e nel cryptofunding, dunque agli enti autorizzati alla emissione e gestione di cripto attività;
  • l’applicabilità o meno ad uno stato dell’U.e. che voglia emettere una propria criptovaluta, dei limiti di cui al Trattato di Maastricht ecc.

SOMMARIO

1. Storia

2. Caratteristiche generali

3. Caratteristiche economiche

4. Stablecoin, token economy e tokenomics

5. Transazioni e wallet

6. Strumenti e metodi di acquisizione

CONCLUSIONE

NOTE

1. Storia

L’idea di un asset digitale coniabile e gestibile in modo decentralizzato (c.d. criptovaluta) venne esposta per la prima volta nel 1998 da Wei Dai nella mailing list cypherpunks.

La prima implementazione concreta di tale idea giunse solo nel 2009 quando un utente noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto pubblicò, in una mailing list sulla crittografia, le prime specifiche di programmazione e la bozza del progetto Bitcoin[4].

Intorno alla fine del 2010 Satoshi lasciò il progetto affermando semplicemente di volersi dedicare ad altro.

Dal 27 settembre 2012 la standardizzazione del protocollo, la sua protezione e promozione sono gestite dalla Bitcoin Foundation.

Dal 2017/2018, il noto informatico Craig Steven Wright è al centro di un accanito dibattito riguardante la paternità di Bitcoin, essendosi pubblicamente dichiarato come l’inventore del protocollo e, dunque, il vero Satoshi Nakamoto.

Nonostante il Copyright Office statunitense abbia approvato la richiesta di Wright di registrare a suo nome il white paper di Bitcoin e la gran parte del codice originale, l’informatico non è ancora stato in grado di dimostrare inequivocabilmente quanto affermato, ad esempio firmando un file o una stringa di testo, con la chiave privata del primo wallet.

Considerato che Wrigt non potrebbe comunque avanzare direttamente alcuna pretesa su un protocollo decentralizzato come Bitcoin, dietro la richiesta di registrazione potrebbe celarsi l’obiettivo di tutelare la propria posizione processuale nella causa intentatagli da Ira Kleiman, fratello del suo ex partner di affari (Dave Kleiman).

L’accusa è di aver realizzato un complesso schema per sottrarre oltre 11 miliardi di dollari in criptomonete e altri asset al defunto collega, sul finire della loro collaborazione[5].

L’identità del creatore di Bitcoin, dunque, rimane tutt’ora ignota, così anche le motivazioni che lo hanno indotto a rendere open source un protocollo di tale rilevanza.

Le speculazioni economiche susseguitesi negli anni hanno fomentato le teorie secondo cui dietro lo pseudonimo Nakamoto si celerebbe in realtà un collettivo di trader. Dall’anno della fondazione, infatti, bitcoin ha moltiplicato il proprio valore in maniera esponenziale, grazie anche:

  • al clangore mediatico suscitato dalla tecnologia sulla quale si fonda, la blockchain;
  • ai commerci illeciti per i quali viene utilizzata.

2. Caratteristiche generali

Le criptovalute sono una nuova tipologia di valore di scambio che può essere emesso da molteplici aderenti ad un network informatico, dunque non (necessariamente) da una banca centrale o altra autorità pubblica come per le valute cc.dd. a corso forzoso o fiat (es. euro e dollaro).

Le criptovalute esistono solo in forma digitale come records alfanumerici di transazioni, le quali sono:

a. protette dalla crittografia;

  • sotto questo profilo, è possibile distinguere:
    • criptovalute totalmente anonimizzanti (es. Monero conferisce un anonimato tanto più forte quanto sono elevate le commissioni che si è disposti a pagare sulla transazione); 
    • criptovalute che conferiscono un c.d. “pseudo anonimato” (es. Bitcoin[6]);

b. registrate su un ledger informatico fisicamente distribuito (per l’appunto Distributed Ledger) ed architetturalmente decentralizzato;

  • come si dirà compiutamente in seguito, il grado di distribuzione (delle informazioni) e decentralizzazione (della partecipazione/sviluppo) può variare molto da un network all’altro, incidendo dunque anche sull’utilizzo e la classificazione dell’asset digitale.

c. tendenzialmente irreversibili una volta convalidate;

d. movimentabile con un “portafoglio elettronico” (c.d. wallet).

3. Caratteristiche economiche

Una criptovaluta può essere asset backed o no, ossia ancorata o meno ad un altro strumento economico.

  • nel primo caso il collaterale potrebbe essere valuta avente corso legale come il dollaro americano per il Tether (ipotesi per cui vengono generalmente definite stablecoin[7]) o un bene come l’oro, i diamanti, l’argento ecc.;
  • nel secondo caso, invece, il valore della criptovaluta dipende esclusivamente dalla legge della domanda e dell’offerta, ossia dal rapporto fra disponibilità sul mercato e numero di acquirenti (come per Bitcoin).

Una criptovaluta potrebbe essere emessa in numero limitato o illimitato:

  • nel primo caso le criptovalute presentano spesso un andamento valoriale deflattivo tipico dei beni limitati (un esempio tipico è Bitcoin, che per questo viene associato spesso all’oro);
  • alla seconda categoria appartengono solitamente le criptovalute dalla governance meno decentralizzata, in quanto è l’ente o consorzio di enti che gestisce il protocollo a farsi garante della stabilità del loro valore (come nel caso di Tether). Tuttavia, ne esistono anche di decentralizzate come Ethereum. Ne deriva, che il valore di queste criptovalute è dipendente esclusivamente dalla loro utilità, ossia dalla loro funzione anche rispetto a possibili progetti derivati, dall’utilizzabilità nel presente e per il futuro che la comunità adottante gli riconosce e dalla fiducia nella loro sicurezza ed implementazione (in altri termini da quello che genericamente viene definito “consenso”).

Infine, una criptovaluta potrebbe essere fungibile o infungibile, nella misura in cui le singole unità emesse presentino cioè tutte le medesime caratteristiche o, invece, caratteristiche uniche (un esempio di queste ultime sono i cc.dd. CryptoKitties)

4. Stablecoin, token economy e tokenomics

L’interesse per l’emissione di criptovalute dal valore stabile è notevolmente aumentato negli ultimi tempi, in particolare da parte delle Autorità e dei grandi Provider, in quanto:

1. possono astrattamente porre rimedio ai seguenti problemi:

  • eccessivo costo dei sistemi di pagamento elettronico tradizionali;
  • eccessivo costo degli spostamenti di capitali fra banche, soprattutto intercontinentali;
  • perdita di controllo sull’economia a causa di digital asset decentralizzati e anonimizzanti;

2. si pongono in perfetta sintonia con l’evoluzione del sistema capitalistico, nelle sue due nuove sfaccettare:

  1. la token economy da intendersi quale sistema di gamefication in cui l’utente diviene parte attiva del sostentamento della specifica piattaforma, ottenendo dei benefits sotto forma di gettoni virtuali in cambio del suo contributo (fra cui ben potrebbe rientrare la cessione di dati personali – c.d. data token economy)[8].
  2. la tokenomics, ossia la creazione di un nuovo valore di scambio rappresentato in token e basato sui propri stessi prodotti. Una prospettiva che apre nuove opportunità di business, in particolare per quelle aziende che possono mettere a valore brand e asset di prodotto.

I due sistemi possono integrarsi reciprocamente ma è bene tenerli distinti per chiarezza concettuale.

Fra le grandi aziende che si stanno muovendo in tal senso spicca Jaguar, la quale, nel mese di aprile 2019, ha stretto una collaborazione con IOTA, al fine di remunerare con token i dati forniti dagli utenti relativamente alle attività compiute con gli autoveicoli[9].

Lo sviluppo di nuovi modelli di business, finalizzati a combinare il c.d. petrolio digitale (Big Data) con la token economy, dando vita a innovativi paradigmi della gamification, era solo questione di tempo.

Superata l’iniziale impasse generata dal GDPR, infatti, si è ben presto compreso che la nuova normativa europea ha di fatto liberalizzato lo sfruttamento delle informazioni degli utenti, purché puntualmente informati. 

5. Transazioni e wallet

Come detto, le criptovalute esistono esclusivamente sotto forma di records alfanumerici di transazioni.

Essi indicano:

  • l’input ossia l’indirizzo del wallet dal quale provengono;
  • la quantità di criptovalute movimentate (saldo);
  • l’output ossia l’indirizzo del wallet di destinazione.

Il wallet contiene l’indirizzo che identifica in maniera univoca l’utilizzatore (ossia una chiave pubblica simile ad un IBAN (es.: 17muSN5ZrukVTvyVh), alla quale è legata matematicamente ed indissolubilmente una chiave privata che permette di spendere le proprie criptovalute e che, dunque, va mantenuta segreta.

Il wallet, accessibile con password, è utilizzabile non solo come un consueto conto, dunque inserendo le proprie credenziali sui siti di e-commerce che accettano pagamenti in valuta digitale, ma altresì attraverso un pratico QR code scansionabile.

Più precisamente, al momento di ricevere una somma sul proprio wallet, è necessario generare un nuovo indirizzo pubblico, al quale corrisponde come si è detto una chiave privata.

I records che confluiscono sul conto elettronico non vengono riuniti in un formato unico, con la conseguenza che, al momento di effettuare un pagamento, l’utente dovrà decidere quale di essi utilizzare.

Solo qualora la somma da versare dovesse essere maggiore a quella contenuta nel singolo record, il software attingerà anche dagli altri.

Il trasferimento di valore fra due wallet è regolato da un processo di firma digitale ancorato all’uso della chiave privata.

Più precisamente, al momento di trasferire una determinata somma, il client la firma con la corrispettiva chiave privata e la invia all’indirizzo che il destinatario ha generato appositamente per l’occasione.

La transazione viene quindi inserita nel Distributed Ledger affinché l’intera rete possa verificare che quelle criptovalute siano state spese da un determinato wallet.

Si distinguono:

  • hardware wallet: dispositivi specifici che permettono, in modalità off-line, sia di archiviare al proprio interno le chiavi private sia di firmare le proprie transazioni, garantendo dunque una maggior protezione dalle aggressioni tipiche della Rete;
  • software wallet (es. Electrum): installabili su personal computer o altro genere di dispositivi come supporti esterni;
  • web wallet: creabili online su appositi portali noti come wallet providers (es. MyEtherWallet); quest’ultima soluzione, se da un lato risulta molto agevole sotto il profilo gestionale poiché non implica per l’utente il possesso di particolari conoscenze informatiche se non l’adozione delle misure di sicurezza idonee ad evitare intrusioni non autorizzate (autenticazione a due fattori, password complessa e diversa da quella usata per altro servizio, uso di un antivirus aggiornato ecc.), ed esclude i rischi derivanti dal detenere presso sé stessi dei valori di scambio (es. furti, rapine ed estorsioni), dall’altro richiede grande fiducia nel provider.

Per le loro caratteristiche, i web wallet sono del tutto assimilabili ai cc.dd. account exchange, ossia i conti aperti sulle piattaforme per l’acquisto e lo scambio di criptovalute, cui si accennerà in seguito.

In ogni caso, dato che il wallet si sostanzia in un semplice file contenente records di transazioni, qualora venisse compromesso si perderebbe tutto il credito in esso contenuto.

E’ bene precisare altresì che nella maggior parte dei casi una criptovaluta adotta specifici protocolli informatici che la rendono idonea ad essere ricevuta solo da wallet ad hoc per essa.

In altri termini, più chiaramente, l’invio ad esempio di Bitcoin ad un wallet Ripple determinerebbe l’irreversibile perdita delle criptovalute.

6. Strumenti e metodi di acquisizione

Gli strumenti e i metodi per entrare in possesso di criptovalute sono:

  • l’accettazione come metodo di pagamento in luogo della valuta fiat;
  • la validazione delle transazioni attività per la quale è possibile ottenere sia una commissione per la singola transazione validata, sia una reward ben più ingente per la validazione di un intero blocco di transazioni (come esplicato compiutamente nell’approfondimento dedicato alla blockchain e ai meccanismi di consenso);
  • il marketing remunerativo nella forma:
    • del c.d. airdrop ossia la distribuzione di criptovalute per implementarne l’adozione e, conseguentemente, il valore di scambio sul mercato (presenta elementi di rischio per l’utente poiché potrebbe essere richieste informazioni personali attraverso le procedure di identificazione KYC. Di conseguenza è necessario informarsi dettagliatamente sulla legittimità della piattaforma e sui termini e le condizioni di relativo utilizzo);
    • dei corsi di formazione sulla natura e il funzionamento delle criptovalute (Coinbase, ad esempio, li effettua attraverso la sezione Coinbase Earn. Con dei brevi video, infatti, l’utente ha la possibilità di apprendere gratuitamente cosa sono e come funzionano le cryptocurrency DAI[10], Eos[11], XLM[12], Zcash (ZEC)[13], Basic Attention Token (BAT)[14] e ZRX[15]. Come spiegato compiutamente in altro articolo, al termine dei corsi l’utente deve rispondere a delle semplici domande e, nel caso siano corrette, viene remunerato con un certo ammontare delle varie crypto. Per iscriversi e ricevere l’accredito è ovviamente necessario, preliminarmente, aver attivato un account Coinbase).
  • lo scambio con valute fiat sulle cc.dd. “exchange platforms”, società come Binance, Bitstamp, Coinbase e Kraken (ne esistono anche nel dark web)[16];
  • l’investimento sul progetto in fase di private sale della criptovaluta o in caso di offerta al pubblico mediante ICO, STO e IEO.

Il numero delle criptovalute è aumentato esponenzialmente col tempo, passando dalle quattrocento del 2015 alle oltre mille del 2017 e registrando un assestamento nel 2018, in seguito al profondo dump di Bitcoin, in quanto ha determinato un calo tale del prezzo di coin e token minori, da indurre gli exchange a de-listarne moltissime e a stabilire delle linee guida interne più serie per valutare quali sarebbero state listate in futuro.

Le criptovalute, infatti, non hanno tutte lo stesso peso ed affidabilità sul mercato. Quelle scambiabili con valuta ordinaria (euro o dollaro U.S.A.), in media sono soltanto: Bitcoin, Bitcoin Cash, Ethereum, Ethereum Classic, Litecoin e Ripple, ossia quelle con la più alta capitalizzazione di mercato.

Più raramente è possibile rinvenire exchange che ammettono lo scambio diretto in fiat di criptovalute dalla minore capitalizzazione come Monero, EOS, ZCash e Stallar Lumens.

Per ottenerle, infatti, nella maggior parte dei casi è necessario aver preliminarmente acquistato criptovalute come Bitcoin o Ethereum.  Ponendo l’esempio di aver acquistato dei bitcoin con dollari U.S.A. su Coinbase, operazione per la quale è stato pagato l’1,49 % in commissioni se effettuata con bonifico bancario o il 3,99 % se con carta di credito, e si voglia scambiarli con Ripple su Binance, sarà necessario anzitutto trasferire il saldo del wallet web su Coinbase in quello dell’altra piattaforma, quindi procedere allo scambio con Ripple, al costo dello 0,1 % di questi ultimi[17].

Successivamente, per riottenere dollari U.S.A., sarà necessario procedere a ritroso, avendo cura di scegliere le piattaforme più convenienti (ad esempio, in Coinbase Pro la sezione riservata al trading, le commissioni sono notevolmente inferiori a quelle della piattaforma “madre”).

Altro genere di piattaforme, più orientate al trading, come IQ option e plus500, trattengono invece, generalmente, circa il 10% della valuta fiat investita in ogni operazione. 
In quest’ultime, in particolare, non vengono scambiate direttamente criptovalute ma effettuate operazione con cc.dd. CFD a leva, dunque notevolmente più rischiose delle ordinarie[18].

È evidente che tutto ciò debba essere tenuto in debita considerazione al momento di effettuare un investimento, giacché può incidere pesantemente sulla possibilità di ottenere un profitto.

Peraltro, all’attuale stato di regolamentazione del mercato, non è di certo l’unico fattore di cui un investitore avveduto dovrebbe preoccuparsi. Ciascuna delle piattaforme esistenti, infatti, indica differenti valori delle valute, con divari spesso talmente rilevanti che l’azione speculativa potrebbe essere condotta anche solo attraverso il passaggio da una exchange all’altro. 
Si consideri infatti che nel mese di dicembre 2017 Bitcoin ha registrato variazioni del suo valore, fra i vari exchange, anche nell’ordine dei 6.000 dollari[19].

CONCLUSIONE

Nel prossimo approfondimento ci si addentrerà nell’esame degli elementi fondanti delle criptovalute, ossia Distributed Ledger Technology, Blockchain e Criptoeconomia.

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NOTE

[1] Articolo 1, comma 2 lettera qq), del decreto legislativo 21/11/2007, n. 231, come modificato dal D.lgs n. 90 del 2017 in attuazione della direttiva (UE) 2015/849 (c.d. AMLD4) relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006. (17G00104) (GU Serie Gen. n.140 del 19-06-2017 – Suppl. Ord. n. 28); Decreto entrato in vigore il: 04/07/2017.

[2] Art. 1 c. 2 lett. h ter.

[3] BERTOLINI G. (2019), “IL (DIS)ORDINE MONDIALE – PARTE 1: la lotta per l’egemonia globale” e “IL (DIS)ORDINE MONDIALE – PARTE 2: la conquista del cyberspace”, Crypto Avvocato.

[4] Con la B si suole indicare il progetto e la blockchain, con la b invece l’asset digitale.

[5] Cfr. compiutamente in KUHN D. (2019), “Crypto Genius or Fake? The Craig Wright Saga Explained”, CoinDesk

[6] Implementabile ricorrendo a servizi di c.d. mixing. Cfr. CAVICCHIOLI M. (2018), “I bitcoin mixer sono legali?”, Cryptonomist.

Per un’analisi dettagliata di Bitcoin e del significato di pseudo-anonimato si rimanda a BERTOLINI G. (2018), “Bitcoin – Luci e ombre della moneta del futuro”, Salvis Juribus

[7] Per approfondimenti sulle stablecoin si rimanda a SPAGNUOLO E. (2019), “Stablecoin: come funzionano gli “anti-bitcoin” con un prezzo stabile”, Wired

[8] La Token Economy (economia a gettoni) venne sperimentata per la prima volta addirittura nel XIX secolo, in forma di “contratto educativo”, da Alexander Maconochie, capitano della Royal Navy, con i prigionieri a lui affidati nella colonia penale dell’isola di Norfolk, nel sud del Pacifico, per convincerli a collaborare. Più precisamente, il “contratto educativo” è quello in virtù del quale l’alunno (o il gruppo) pattuiscono con l’educatore che l’accesso a certi cc.dd. “rinforzatori” (musica, televisione, dolci, giocattoli, giornalini, ecc.) avverrà previo pagamento di un certo numero di gettoni o altri oggetti simbolici stabiliti per convenzione, i quali si ottengono emettendo comportamenti adeguati (cc.dd. goals) previsti dal contratto.

[9] Cfr. SUBERG W. (2019), “IOTA stringe una collaborazione con Jaguar Land Rover, il valore della criptovaluta impenna del 20%”, Cointelegraph

[10] La stablecoin decentralizzata basata sulla blockchain di Ethereum, che punta a valere quanto un Dollaro USA.

[11] Il token della omonima blockchain. Sviluppata con protocollo EOSIO, il suo obiettivo è consentire la creazione, più agevolmente di Ethereum, di DAPP gratuite e sicure.

[12] Il token della piattaforma Stellar Lumens, sviluppata per collegare più agilmente banche, sistemi di pagamento e persone.

[13] Una criptovaluta con funzionalità di privacy avanzate derivanti dall’uso del protocollo Zero Knowledge Proof.

[14] Il token con cui il browser Brave condivide con gli utenti parte degli utili generati dalle inserzioni pubblicitarie.

[15] Il token di 0x, la piattaforma che intende agevolare il processo di tokenizzazione, consistente nel dare una rappresentazione in criptovaluta a tutto ciò che è suscettibile di valutazione economica.

[16] Il surface web (web di superficie) costituisce la parte più piccola, emersa e visibile del web. È composto dai contenuti indicizzati dai motori di ricerca classici (cd. generalisti come Google) e liberamente accessibili dagli utenti: trattasi per lo più di contenuti statici, pagine web testuali o comunque strutturate, alcune delle quali possono anche connettersi a contenuti presenti nel deep web (come accade per l’accesso alla pagina privata del proprio profilo Facebook, o quando si accede a quella di Registroimprese o dell’albo professionale).

Il deep web (web sommerso o invisibile) rappresenta, la parte più grande del web, costituita dall’insieme delle risorse informative non indicizzate, dunque individuabili solo conoscendone lo specifico URI, o effettuando ricerche mirate con motori particolari, o accessibili solo in seguito a riconoscimento/autorizzazione, ma visualizzabili con ordinari browser.

Al “confine” con il dark web possiamo poi collocare i contenuti non indicizzati e che richiedono uno specifico programma per essere visualizzati (trattasi di contenuti non testuali).

Il dark web (web oscuro), la parte più “profonda” del deep web, è costituito dai contenuti non indicizzati, che richiedono uno specifico programma per interagirvi e altresì collocati in server la cui posizione in Rete è stata nascosta dai rispettivi programmatori attraverso strumenti di anonimizzazione come TOR o I2P. Per accedere alle sotto reti (cc.dd. “dark nets”) nelle quali sono allocati i suddetti contenuti e visualizzarli, infatti, sono necessari appositi programmi in grado di sfruttare la struttura e le regole di Internet ma un proprio protocollo di connessione, in modo da garantire una navigazione non tracciabile.

Cfr. inter alia FLORINDI E. (2016), “Deep Web e bitcoin, vizi privati e pubbliche virtù della navigazione in rete”, Imprimatur srl, p. 13; GREENBERG A. (2014), “Hacker Lexicon: What Is the dark web?”, Wired on line

e EGAN M. (2015), “What is the dark web? How to access the dark web – How to turn out the lights and access the dark web (and why you might want to)” Tech advisor.co.uk 

[17] La principale piattaforma di scambio, attualmente, è Bitfinex. Nel tempo i volumi sono aumentati al punto da indurre i gestori ad imporre ai nuovi utenti un ammontare minimo di 10.000 dollari per l’apertura degli account. Nessuna limit è invece presente su Binance, il quale ha scalato rapidamente il ranking degli exchange non solo grazie alla sua facilità di utilizzo e alla variegata offerta ma soprattutto grazie al ridotto ammontare delle commissioni sugli scambi. Queste, peraltro, sono ulteriormente riducibili attraverso l’acquisto del token di Binance, ossia BNB.

[18] Cfr. compiutamente su AVATRADE, “Cosa sono i CFD” 

[19] Per approfondimenti in merito all’attuale regolamentazione fiscale delle plusvalenze derivanti da attività di acquisto/vendita di criptovalute si rimanda a IASELLI G., SANDALO A. (2018), “Criptovalute: plusvalenze e quadro RW in attesa di chiarimenti”, IPSOA 

e CAPACCIOLI S., DEOTTO D. (2019), “Bitcoin in RW, il bivio della «chiave»”, IlSole24Ore

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