CRIPTOVALUTE – Cryptofunding

19 Luglio 2019 -

Ogni criptovaluta esaminata nel precedente approfondimento si presta ad essere adoperata dall’emittente per il c.d cryptofunding, ossia la raccolta di capitali per finanziare il proprio progetto.

Le Initial Coin Offering (ICO) sono state il sistema di finanziamento privilegiato dalle aziende in ambito Fintech fino al 2018, in ragione dell’assenza di normative ad hoc e, dunque, della semplicità di reperimento dei fondi rispetto al crowdfunding tradizionale e alle IPO (Initial public offering), ossia alla quotazione in borsa.

Proprio tali fattori, tuttavia, hanno determinato il verificarsi di numerose truffe e, conseguentemente, controlli più serrati sulla validità dei progetti, le relative autorizzazioni e la natura delle criptovalute offerte al pubblico, con conseguente diversificazione delle procedure:

ICO (Initial Coin Offering);

STO (Security Token Offering);

fondata sull’inquadramento o meno della criptovaluta quale strumento finanziario.

Questa breve analisi sarà propedeutica alla comprensione di quanto verrà esplicato nei successivi approfondimenti, ossia le ragioni che muovono i legislatori globali e l’impostazione da essi adotta nella regolamentazione delle cripto attività.

SOMMARIO

1. Modalità di raccolta

2. Step di raccolta

a. Pre-sale di token di futura emissione

a.1 Prezzo di vendita del token

b. I. C. O. (Initial Coin Offering)

b.1 Modelli di raccolta

c. Emissione della criptovaluta

3. Listing del token su Exchange

CONCLUSIONE

NOTE

1. Modalità di raccolta

Sotto il profilo operativo, la differenza più rilevante fra IPO ed ICO/STO è che queste possono avvenire all’inizio della vita della start up e quindi sono in grado di apportare capitali da subito.

Per tale ragione, si parla generalmente di cryptofunding.

A seconda del grado di sviluppo del progetto al momento dell’offerta dei token si distinguono: 

  • pre sale – la blockchain e/o i token devono ancora essere sviluppati, con la conseguenza che al momento della raccolta degli investimenti esiste solo la prospettiva di una distribuzione futura dei token;
  • sale – la blockchain è già stata realizzata e i token vengono distribuiti fra gli investitori.

Essi, peraltro, potrebbero avere diritto ad ottenerne ulteriori in futuro.

Questi modelli, inoltre, possono essere pubblici o privati, nella misura in cui siano accessibili ad una pletora indiscriminata di utenti o, invece, ad una cerchia ristretta (su chiamata diretta o ad esempio in base a requisiti di carattere economico – investimento minimo).

Ne deriva che partecipare ad una offerta di token può comportare fattori di rischio ben più alti rispetto a quelli di una IPO, giacché, in base al modello adottato, la valutazione dell’investitore può essere fondata anche solo sulla reputazione del team di sviluppo e/o del c.d. “White Paper”.

2. Step di raccolta

Pre-sale e Sale (nella forma di ICO o STO in base alla qualificazione giuridica del token) possono convivere all’interno del processo di sviluppo di un progetto innovativo.

Nel presente paragrafo si prenderà in considerazione lo sviluppo di Polkadot, uno dei progetti più rilevanti in materia di DeFi.

a. Pre-sale di token di futura emissione (prevendita di token che verranno emessi in futuro).

In questa fase, l’ente giuridico deputato allo sviluppo del progetto (nel caso di Polkadot la Fondazione Web 3), che è già dotato di un team di sviluppo (c. d. Core team) spende il proprio know-how per raccogliere capitali fra una ristretta pletora di soggetti dotati di specifici requisiti.

Generalmente:

  • la dotazione economica (nel caso di Polkadot da un minimo di 100.000 a un massimo di 1.000.000. di dollari americani in valuta BTC o ETH);
  • capacità informatiche, di comunicazione online ecc.. (per partecipare a Polkadot è stata richiesta la volontà di “contribuire attivamente alla integrità e al mantenimento della Rete Polkadot e alla visione globale della Web 3”

In Polkadot tale ultimo fattore è stato inteso non necessariamente come contributo materiale/informatico allo sviluppo del network (dato che la Fondazione possedeva già il proprio Core team), ma come la volontà di detenere in Staking (giacenza) per lungo periodo il grande quantitativo di token che sarebbero stati emessi nel 2020, così da:

  • mantenerne stabile (e tendenzialmente incrementale) il valore;
  • eventualmente partecipare alle votazioni che periodicamente sarebbero avvenute nel network riguardo al suo sviluppo.

a.1 Prezzo di vendita del token

In questa fase, il prezzo di vendita del token è generalmente concordato fra le parti.

Nel 2017, la Web 3 Foundation organizzò un meeting ad Ibiza con gli investitori che avevano manifestato l’interesse a partecipare alla private sale ed avevano dimostrato di essere muniti di sufficiente liquidità.

Il prezzo di pre-vendita del token DOT, concordato in quell’occasione, fu di circa 17.000 DOT per 1 BTC.

b. I. C. O. (Initial Coin Offering) 

Il secondo step intrapreso dalla Web 3 Foundation, parimenti tipico di questo genere di iniziative nel mondo della finanza decentralizzata, è stata l’offerta pubblica (ICO) dei DOT.

Essa si prefiggeva due obiettivi:

  1. rendere noto il progetto ad una pletora indiscriminata di utenti (investitori/acquirenti) accrescendone di conseguenza le possibilità di positivo sviluppo;
  2. acquisire ulteriore liquidità.

È bene precisare che al fine di non entrare in conflitto con i presupposti della private-sale (pre-sale), il quantitativo di criptovaluta offerto pubblicamente dovrebbe essere, almeno inizialmente, inferiore rispetto a quello detenuto dal Core Team di sviluppo e dagli investitori della private-sale stessa, poiché non si può avere garanzia di come verranno utilizzati i token una volta resi scambiabili sugli Exchange (piattaforme di cambio).

In altri termini, l’immissione di token sul mercato dovrà essere progressiva e cadenzata nel tempo, così da prevenire raggruppamenti massivi di investitori/speculatori che, cedendo grossi quantitativi di criptovalute in un breve lasso temporale, potrebbero determinarne una irrimediabile perdita di valore (e di interesse) con conseguente danno (perdita di credibilità) a carico del network.

b.1 Modelli di raccolta

  • Asta a prezzo fisso senza tetto dichiarato

Viene venduto un numero illimitato di token a un prezzo fisso per un periodo di tempo anche prolungato. 

  • Asta a prezzo fisso con tetto dichiarato

Gli investitori possono scambiare criptovalute o valute fiat per token:

  • per un determinato periodo di tempo;
  • e/o fino al raggiungimento della capitalizzazione ritenuta sufficiente all’avvio del progetto (c.d. soft cap) o dell’importo massimo che ci si è prefissati di raccogliere (c.d. hard cap). 

Questi tetti possono essere fissati congiuntamente, disgiuntamente o, ancora, essere svelati durante la ICO (c.d. hidden cap).

  • Asta olandese classica

Il prezzo richiesto inizialmente per il token, sufficientemente alto da dissuadere qualsiasi investitore, viene progressivamente abbassato fino a quando qualcuno non è disposto a comprare (all’uopo viene prefissato altresì un prezzo di riserva). 

I token dunque vengono distribuiti seconde le offerte (dalle più alte alle più basse) fino all’esaurimento o al raggiungimento della capitalizzazione desiderata. 

Considerata la particolare metodologia, infatti, i due fattori potrebbero non coincidere. 

Questo metodo viene spesso utilizzato quando si desidera una vendita rapida. 

  • Asta olandese inversa

L’elemento significativo di questo modello è il tempo di vendita impiegato per raggiungere il sold out dei token. Il numero complessivamente offerto è infatti limitato ma se la vendita termina il primo giorno, solo gli X% dei token totali vengono distribuiti tra gli acquirenti. Se termina il secondo giorno, X + Y% del totale dei token viene distribuito tra gli acquirenti e così via. 

  • Asta con raccolta e restituzione

Viene stabilito un contributo massimo conferibile da ciascun investitore, dando al contempo la possibilità di superarlo fino al sold out dei token. Alla chiusura della ICO, qualora la vendita abbia superato gli obiettivi di capitalizzazione agognati, gli acquirenti che hanno ecceduto il suddetto limite riceveranno il rimborso delle somme versate in più. Questo modello garantisce che possano partecipare il maggior numero di investitori possibile. 

  • Asta con tetti misti

Adotta un misto dei metodi fin qui descritti, impostando una serie di mini cap (soft, hard e hidden) ad intervalli specifici. Ciò limita l’investimento massimo che può essere effettuato per ogni blocco di capitalizzazione facendo incorrere l’acquirente in costi progressivamente maggiori.

c. Emissione della criptovaluta

Poco dopo la conclusione della ICO, terminato lo sviluppo dell’infrastruttura base di Polkadot, a circa due anni di distanza dalla private-sale, ossia nel marzo del 2020, il token DOT è stato emesso e distribuito agli investitori. 

3. Listing del token su Exchange

L’ultimo (e agognato da ogni investitore) step del processo evolutivo di un token (almeno sotto il profilo finanziario), è il listing su una piattaforma di cambio (c. d. Exchange).

Attualmente si distinguono:

  • Exchange centralizzati, come Coinbase, ossia imputabili ad enti giuridici;
  • Exchange decentralizzati, come Uniswap, ossia non imputabili ad enti giuridici poiché gestiti in modo decentralizzato da una Community di Sviluppatori.

Anche in questo step, la natura del token gioca un ruolo fondamentale.

Il listing di Security Token, infatti, può avvenire esclusivamente su Exchange dotati di specifiche autorizzazioni.

Il listing di altro genere di token, invece, è rimesso alla discrezionalità dei creatori, pertanto dovrà seguire l’iter indicato dalla piattaforma prescelta.

In proposito può essere utile la consultazione delle linee guida di:

Binance;

Uniswap.

In ogni caso, è fondamentale il supporto di un team con una solida preparazione di carattere giuridico / economico.

CONCLUSIONE

Nel prossimo approfondimento verranno esaminati pro e contro del mercato secondario ossia quello che sorge una volta conclusa la raccolta, quando gli investitori, divenuti azionisti, decidono di rivendere le proprie quote per guadagnare dall’apprezzamento del titolo (il cosiddetto “Capital Gain”).

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