MEDIAZIONE CIVILE – Emergenza Covid-19 e nuove opportunità

8 Maggio 2020 -

Scopriamo i cambiamenti disposti nella mediazione civile per fronteggiare l’emergenza Covid-19 e le opportunità che possono derivarne per i professionisti e l’economia.

SOMMARIO

1. QUADRO DELLA SITUAZIONE

1.1 Sospensione dei termini

1.2 Mediazione online

2. IL CAMBIAMENTOConseguenze giuridiche ed economiche

3. MEDIAZIONE CIVILE

3.1 Ambiti di applicabilità

3.2 Figure professionali

CONCLUSIONE

NOTE

1. QUADRO DELLA SITUAZIONE

1.1 Sospensione dei termini

I termini per lo svolgimento delle attività nei procedimenti di mediazione sono stati sospesi dal legislatore fino all’11/5/2020.

Ciò in virtù:

  • anzitutto del comma 20 dell’art. 83 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18[1], che ha disposto, per il periodo compreso tra il 9 marzo e il 15 aprile 2020, la sospensione dei termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28;
  • in secundis, per effetto del comma 2 dell’art. 36 del D.L. 23 dell’8/04/2020 che dispone la proroga della sopradetta sospensione fino alla data dell’11/05/2020.

Questo il primo effetto immediato che l’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha causato alla mediazione civile.

1.2 Mediazione online

Il comma 20-bis dell’art. 83 del sopracitato decreto legge prevede che: “Nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, gli incontri di mediazione in ogni caso possono svolgersi in via telematica con il preventivo consenso di tutte le Parti coinvolte nel procedimento. Anche successivamente a tale periodo gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di tutte le Parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi dell’art. 3, c. 4, d.lgs. 28/2010, mediante sistemi di videoconferenza. In caso di procedura telematica l’avvocato, che sottoscrive con firma digitale, può dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all’accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica è sottoscritto dal Mediatore e dagli avvocati delle Parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo prevista dall’art. 12 d.lgs. 28/2010”.

Continuando, il comma 20-ter del medesimo articolo 83 stabilisce che: “Fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione del contagio da COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla Parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l’avvocato certifica l’autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all’atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della Giustizia».

In sostanza, la legge (comma 20-bis) consente agli avvocati – che assistono i propri clienti in incontri di mediazione che si svolgono in videoconferenza – di sottoscrivere il verbale con firma digitale, dichiarando autografa la firma del cliente collegato da remoto. 

Inoltre, il legislatore al comma 20-ter prevede che il cliente possa, senza incontrare l’avvocato, scrivere a mano la procura alla mediazione, fotografarla e inviarla, anche ad esempio mediante whatsapp, insieme alla foto di un documento d’identità in corso di validità.

Questa la seconda significativa modifica apportata alla procedura di mediazione all’epoca del coronavirus.

Non vi è dubbio che il legislatore, emanando queste norme, tenti di favorire il mantenimento del distanziamento sociale, facilitando lo svolgimento della mediazione in modalità videoconferenza: il mediatore invita ciascuna parte e i rispettivi avvocati a collegarsi da remoto attraverso il proprio computer.

Ognuno si collega dalla propria abitazione o dal proprio studio accedendo ad una piattaforma messa a disposizione dall’Organismo di mediazione[2], così da garantire il rispetto delle norme previste dall’emergenza sanitaria.  

Dal testo dell’articolo 83 comma 20-bis emerge che il verbale e l’accordo, per gli incontri effettuati in collegamento mediante videoconferenza, potranno essere sottoscritti con firma digitale dagli avvocati. Le parti collegate in remoto potranno firmare elettronicamente, anche mediante firma digitale, ovvero autografamente. Nel caso di firma elettronica non digitale o autografa, gli avvocati potranno dichiarare l’autografia della sottoscrizione dei loro assistiti in remoto. Il mediatore infine dovrà chiudere il verbale con propria sottoscrizione mediante firma digitale[3].

2. IL CAMBIAMENTO – Conseguenze giuridiche ed economiche

Il legislatore, dunque, in questo periodo di crisi epidemiologica da COVID-19, si è posto l’obiettivo di rendere “fruibile” la mediazione.

Del resto, la fase che stiamo vivendo lascia presagire il verificarsi di numerosi casi di controversie che sorgeranno per via della crisi economica, consequenziale alla sospensione di numerose attività produttive e commerciali.

In questo momento l’ultima cosa di cui ha bisogno il genere umano è quello di impiegare il proprio tempo, le proprie risorse mentali e finanziarie in litigi, cause giudiziarie e lunghi processi; nonostante ciò, numerosi, purtroppo, appaiono i presupposti che potranno dar luogo a nuovi contenziosi.

Si pensi, ad esempio, alla necessità per molte aziende, professionisti e privati di ottenere una riduzione del canone di locazione o, addirittura, ai casi in cui il locatario non sia più in grado di adempiere al pagamento del canone di locazione, avendo subito la sospensione della propria attività lavorativa.

Questa situazione di tensione economica provocherà inevitabilmente conseguenze spiacevoli nei rapporti commerciali, pur in assenza di atteggiamento litigioso tra le Parti. Si tratterà di situazioni cadute dal cielo, un pò come lo stesso coronavirus, allora, le Parti si troveranno davanti ad un bivio: adire le vie giudiziarie, iniziando un lungo ed estenuante percorso, oppure, scegliere la strada del componimento bonario della controversia, rivolgendosi ad un organismo di mediazione. Nel caso si preferisca quest’ultimo percorso, la Parte incontrerà la propria controparte attorno ad un tavolo e avrà l’opportunità di rappresentare le proprie ragioni, spiegare le proprie difficoltà e manifestare i propri interessi, avendo, d’altro canto, l’opportunità di ascoltare le altrui ragioni, difficoltà ed interessi.

L’incontro di mediazione rappresenta, dunque, un momento di confronto tra le Parti, nel corso del quale si possono verificare anche momenti di “scontro” ma, nel corso della procedura le Parti non sono sole, essendo costantemente assistite dalla presenza di un terzo neutrale, il Mediatore. Questa figura professionale ha la funzione di facilitare il componimento bonario della controversia, aiutando le Parti a gestire il conflitto secondo modalità costruttive.

Durante il tentativo di conciliazione, il Mediatore favorisce la circolazione del flusso comunicativo e agevola le Parti a superare il motivo del contendere, a comprendere le ragioni dell’altro, tentando di giungere – attraverso il reciproco riconoscimento – alla formazione di un accordo vantaggioso per entrambi.

Ciascuna Parte in mediazione ha l’interesse di raggiungere un accordo: in genere, si tratta di imprenditori, condomini oppure componenti di uno stesso nucleo familiare; tutti soggetti, dunque, che hanno l’interesse di salvaguardare il rapporto umano o commerciale che li lega.

Riuscire a trovare un accordo in mediazione significa evitare la perdita della relazione umana, significa ripristinare il rapporto di lavoro, significa rivivere serenamente il legame di parentela o di vicinato.

Nella mediazione, a differenza di quanto avviene agli esiti di una sentenza giudiziaria, i rapporti umani si salvano perché non c’è un vincitore, né un vinto, entrambe le Parti chiudono l’accordo soltanto perché per loro è conveniente farlo.

Le considerazioni che stanno alla base dell’accordo possono essere molteplici e non sempre sono prevedibili e note alla controparte.

La mediazione può avere risvolti inimmaginabili: ciascuna Parte ascolta l’altra, rendendosi conto di difficoltà, fraintendimenti e accadimenti di cui non era a conoscenza e che si scoprono essere alla base dell’altrui comportamento.

Questa è la mediazione: un importante momento di confronto tra le Parti e una grande occasione per risolvere la controversia.

Se la mediazione non dovesse concludersi con l’accordo delle Parti, vi è sempre il diritto di adire le aule del Tribunale che, a causa di questo periodo di sospensione, purtroppo, non potrà che registrare ulteriori rallentamenti nella definizione delle cause.

Non vi è dubbio che la mediazione all’epoca COVID-19 è divenuta uno strumento ancora più importante per dirimere le controversie.

3. MEDIAZIONE CIVILE

3.1 Ambiti di applicabilità

A questo punto, vediamo qual è la norma che ha istituito la mediazione e quali sono le controversie che il legislatore ha stabilito che debbano essere affrontate mediante tale procedura, esperendo il cosiddetto tentativo di conciliazione e, solo in caso di insuccesso, consentendo l’accesso alle vie giudiziarie (condizione di procedibilità).

La mediazione civile è entrata in vigore il 21 marzo 2011 con il d.lgs. 28/2010, rappresentando lo strumento attraverso cui il legislatore si è prefissato di ridurre il flusso in ingresso di nuove cause nel sistema “giustizia”.

Tale procedura prevede l’attività professionale svolta da un terzo imparziale nell’assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo per la composizione di una controversia.

Il legislatore, dunque, ha inteso offrire al cittadino uno strumento più semplice e veloce per risolvere le controversie con tempi molto brevi (non oltre 3 mesi) e costi contenuti e certi. In pratica, durante la procedura di mediazione due o più Parti, assistite dai rispettivi avvocati (l’assistenza di un legale è “obbligatoria” quando la mediazione è condizione di procedibilità in giudizio e “consigliata” negli altri casi), si incontrano presso un Organismo di mediazione accreditato dal Ministero della Giustizia per cercare un accordo attraverso il fondamentale intervento del Mediatore Professionista, accuratamente formato e preparato per aiutare le Parti a incontrarsi e a trovare una soluzione conveniente per entrambe.

Oggi la mediazione è condizione di procedibilità (art. 5 D.lgs 28/2010) nei casi di controversia in materia di:

  • diritti reali (proprietà, usufrutto, usucapione, etc.);
  • divisione e successioni ereditarie;
  • patti di famiglia;
  • locazione e comodato;
  • affitto di aziende;
  • risarcimento danni da responsabilità medica e sanitaria;
  • diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità;
  • contratti assicurativi, bancari e finanziari;
  • condominio.

Esperire un tentativo di conciliazione è, inoltre, obbligatorio quando la mediazione è demandata da un giudice oppure quando è prevista da clausole contrattuali o statutarie (clausole compromissorie).

Se il contratto o lo statuto societario prevedono una clausola compromissoria di mediazione, con la quale le Parti si impegnano, nel caso di controversie, a esperire un tentativo di mediazione prima di ricorrere ad azioni legali, tale tentativo dovrà obbligatoriamente essere esperito a pena di improcedibilità nel successivo giudizio.

Gli stessi Giudici possono, durante il giudizio ordinario in Tribunale, inviare con ordinanza le Parti presso un organismo di mediazione ogni volta che ravvisino l’utilità di avviare un procedimento di mediazione fra queste. Anche in questo caso la mediazione è condizione di procedibilità per il giudizio.

Per tutte le controversie relative a diritti disponibili è comunque possibile esperire un procedimento di mediazione volontario.

3.2 Figure professionali

La mediazione, oltre ad essere un atto di civiltà – ancora più prezioso in questo momento storico – costituisce un’opportunità di lavoro per i professionisti che partecipano al tavolo della conciliazione.

I ruoli da assumere possono essere diversi:

  1. mediatore – soggetto super partes – incaricato dall’Organismo di mediazione;
  2. ausiliario del mediatore (consulente tecnico del mediatore – soggetto super partes – incaricato dall’Organismo di mediazione);
  3. consulente di parte in mediazione (professionista che assiste in mediazione, incaricato da una delle parti).

Esaminiamo le figure.

Mediatore: è un professionista con requisiti di onorabilità, competenza, terzietà e imparzialità che, individualmente o collegialmente, svolge la mediazione rimanendo privo, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo.

Il suo compito è quello di aiutare le Parti in lite a trovare una soluzione soddisfacente per entrambe al contenzioso, portandole al raggiungimento di un accordo condiviso ed evitando, quindi, il ricorso al giudice; il verbale di conciliazione che riporta tale accordo, omologato dal Presidente del Tribunale di competenza, costituisce titolo esecutivo per le Parti.

I mediatori, generici o specializzati in diritto internazionale o del consumo, possono operare esclusivamente presso gli Organismi di mediazione e solo dopo aver frequentato un percorso formativo ad hoc tenuto da formatori accreditati, inseriti nell’elenco dei soggetti ed enti abilitati a tenere corsi di formazione per i mediatori istituito presso il Ministero della Giustizia.

Ausiliario del mediatore: è il consulente tecnico con competenze specifiche di cui il Mediatore può decidere di avvalersi nel corso della mediazione. Questa figura viene in genere invitata al fine di dipanare i dubbi delle Parti, evitando che possa non definirsi l’accordo a causa di ‘mancate conoscenze tecniche’ al tavolo di mediazione.

Le valutazioni tecniche, infatti, possono essere validi strumenti per far scaturire proposte accettabili e condivise dalle Parti.

La nomina avviene dietro consenso delle Parti che dovranno farsi carico del relativo compenso e l’incarico viene conferito dall’Organismo di Mediazione.

Il primo comma dell’ultimo periodo dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010 prevede la possibilità per il Mediatore di avvalersi di uno o più mediatori ausiliari qualora la controversia richieda competenze tecniche specifiche; al quarto comma del medesimo articolo è, altresì, previsto che il Mediatore possa avvalersi di esperti iscritti agli albi dei consulenti presso i Tribunali. Ciò significa che in sede di mediazione può essere richiesta la presenza di un esperto che risponda a eventuali quesiti, pur rimanendo terzo ed imparziale.

Dalla data di entrata in vigore della mediazione si è dibattuto lungamente se la consulenza tecnica espletata in mediazione possa essere riprodotta in giudizio.

Prima di rispondere a questa domanda è necessario fare riferimento agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 28/2010, rammentando che essi impongono il vincolo di riservatezza e, più specificatamente, l’art. 9 prevede che chiunque presti la propria opera, a servizio dell’Organismo di mediazione o all’interno di un procedimento di mediazione, è tenuto al vincolo di riservatezza in merito alle dichiarazioni ricevute e alle informazioni acquisite. Ulteriormente, l’art. 10 stabilisce che tutte le informazioni assunte in mediazione non siano producibili in un giudizio “avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione salvo consenso della Parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni”. Fatta tale premessa, si può entrare nel merito della questione, citando alcune pronunce di vari Tribunali che si sono espressi positivamente sulla producibilità in giudizio della consulenza tecnica espletata in mediazione (C.T.M.): – con ordinanza del Tribunale Civile di Roma sez. XIII del 17 marzo 2014 è stata ritenuta ammissibile in giudizio la riproduzione dell’elaborato del C.T. esterno – nominato in mediazione – in quanto non esiste alcuna norma che lo vieti “specificamente nella causa che può seguire”; – con l’ordinanza del 16 luglio 2015, il Tribunale di Roma – XIII sezione – ha previsto che “la possibilità di nomina di un consulente nel procedimento di mediazione è espressamente prevista dalla legge; anche nel caso di mancato accordo, la consulenza in mediazione ed in particolare la relazione dell’esperto elaborata e depositata in quel procedimento non è un atto privo di utilità successive, potendo essere prodotto ed utilizzato nella causa che segue alle condizioni, nei limiti e per gli effetti che la giurisprudenza ha motivatamente elaborato”; – con l’ordinanza del 13 marzo 2015, il Tribunale di Parma, I sezione civile, ravvisa la possibilità di utilizzare la relazione peritale anche in assenza di una delle Parti.

La parte diligente che presentandosi ha richiesto la C.T. potrà utilizzarla in un giudizio ex articolo 700 c.p.c. al fine di provare il fumus boni iuris della perizia espletata in mediazione con la Parte che, seppur invitata, è rimasta contumace. La perizia risulta attendibile poiché il C.T. è stato nominato da un soggetto terzo ed imparziale (l’Organismo di mediazione); – una sentenza più recente del Tribunale di Ascoli Piceno del 18 ottobre 2018 si è espressa ulteriormente in riferimento alla producibilità in giudizio della C.T. espletata in mediazione[4].

In sostanza, dalla lettura delle suddette ordinanze si ha evidenza che le Parti coinvolte in giudizio possono far confluire la consulenza tecnica nel giudizio in oggetto, unitamente al verbale di mediazione negativo, svincolando la C.T. dal vincolo di riservatezza. In sede giudiziale, dunque, la consulenza tecnica espletata in mediazione, può assumere la stessa valenza di una perizia espletata in giudizio su incarico del giudice.

Consulente di parte in mediazione: è il professionista che assiste la parte nel corso del procedimento conciliativo su incarico della stessa. Tale figura professionale interviene in favore del suo assistito e ha il ruolo di rappresentare le esigenze di quest’ultimo, suggerendo specifiche soluzioni tecniche.

L’accordo verrà raggiunto nel momento in cui sarà individuata una soluzione vantaggiosa per entrambe le Parti, ossia una soluzione win-win, non ci sarà un trionfatore, né un perdente.

Diverse sono le categorie professionali che possono “essere di ausilio” in un incontro di mediazione: se il contenzioso deriva da un evento di natura sanitaria, allora, la figura tecnica necessaria potrà essere un medico, se il contenzioso riguarda aspetti immobiliari, potrebbe essere necessario un architetto o un ingegnere, ma, una delle categorie professionali che può essere di ausilio in un gran numero di mediazioni è sicuramente quella del COMMERCIALISTA, le cui competenze professionali afferiscono a materie bancarie, assicurative, successorie, divisorie, patti di famiglia, affitti di azienda, quantificazione dei danni, etc.

CONCLUSIONE

Soprattutto, in questo momento di distanziamento sociale e crisi economica, sfruttare le potenzialità della mediazione potrebbe migliorare la qualità della vita.

Occorre un cambiamento culturale, chissà se l’esperienza che stiamo vivendo non possa servire a riordinare la scala di priorità, ponendo la litigiosità tra gli ultimi pioli e la disponibilità al dialogo tra i primi e, soprattutto, ricordandoci che

“è meglio un cattivo accordo che una buona sentenza!”

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NOTE

[1] “Per il periodo di cui al comma 1 (dal 9 marzo al 15 Aprile 2020) sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti.”

[2] Gli Organismi di Mediazione sono enti pubblici o privati abilitati a svolgere il procedimento di mediazione e iscritti nell’apposito registro degli organismi di mediazione tenuto dal Ministero della Giustizia. Ogni organismo è dotato di un regolamento e di un codice etico , comunicati al Ministero, che garantiscano i requisiti di terzietà, imparzialità e riservatezza di chi svolge il procedimento di mediazione; anche le indennità che le Parti dovranno pagare per il procedimento devono rientrare nelle tabelle fissate dal Ministero ed essere comunicate al responsabile del registro.

[3] Documento redatto in data 27 aprile 2020 “Mediazione in videoconferenza alla luce dell’art. 83 comma 20-bis D.L. 18/2020, come convertito in legge” a cura dell’Avv. Donatella Pizzi, con il contributo dei componenti del Comitato Esecutivo UNAM.

[4] MAROTTA G. G. (2019), “CTU in mediazione e producibilità in giudizio”, Diritto24, IlSole24Ore.

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