
Ripercorriamo le tappe che hanno condotto l’amministrazione Trump a ritrattare il divieto di vendere licenze software e hardware a Huawei.
Ha destato grande scalpore, ieri, la notizia che Google avesse deciso di togliere licenze software e hardware a Huawei, eccezion fatta per quelle open source, e che anche Intel, Qualcomm e Broadcom si fossero associate all’iniziativa [1].
Il BAN è stato la conseguenza dell’inserimento di Huawei, da parte dell’amministrazione Trump, in una blacklist di aziende “nemiche” degli U.S.A.
In qualità di super potenze tecnologiche, come noto, Cina e USA stanno da tempo combattendo un’aspra partita sullo scacchiere globale, tanto nello spazio reale, quando in quello virtuale, in primis per mezzo dei loro araldi, ossia le multinazionali. Fra queste, Il colosso Cinese Huawei spicca poiché si è affermato rapidamente come uno dei più importanti fornitori di servizi di Rete e Telefonia mondiali, in particolare con l’uscita del 5G, le cui stazioni in Europa, non casualmente sono dislocate in punti strategici molto vicini a basi USA [2].
In molti ieri hanno urlato alla fine del colosso cinese.
In pochi hanno richiamato gli utenti alla calma, soprattutto i possessori di smartphone Huawei.
Matteo Flora in questo video [3] ha fatto giustamente notare come non corra alcun pericolo chi ha un cellulare Huawei.
Come correttamente ricordato da IlSole24Ore [4], Android è il sistema operativo per smartphone promosso da Google. È largamente il più diffuso sul mercato, seguito da iOS per i device Apple, ed è il sistema operativo degli smartphone Huawei. Ai produttori è data una duplice possibilità da Google: possono installare la versione open source (Android Open Source Project, AOSP), oppure una versione con licenza. Nella seconda, Google accompagna al sistema operativo alcuni servizi come Gmail, YouTube, Chrome e Google Play Store, il negozio digitale da cui scaricare le app. Dopo il bando di Trump, Huawei potrà usare solo la versione open source di Android.
La stessa Google ha chiarito: stiamo «esaminando le implicazioni» dell’ordine esecutivo e «vi assicuriamo che mentre rispettiamo tutti i requisiti del governo degli Stati Uniti, servizi come Google Play e la sicurezza di Google Play Protect continueranno a funzionare sul vostro dispositivo Huawei esistente». Google Play Protect è una protezione anti-malware che oltre a proteggere il dispositivo verifica in tempo reale anche le app.
La nota di Google è stata quindi fin da subito rassicurante per quanto riguarda l’esistente, ma non parlava degli aggiornamenti.
Lo ha fatto invece Huawei con la seguente nota: «Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti i prodotti Huawei e Honor esistenti, ovvero smartphone e tablet già venduti o già in vendita a livello globale. Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile, al fine di fornire la migliore esperienza per tutti gli utenti a livello globale».
Non ha invece usato mezzi termini il Presidente di Huawei Italia che in un’intervista rilasciata su IlSole24Ore di ieri ha detto: “Dibattito senza fondamento, il problema è geopolitico”.
Non poteva avere più ragione
A distanza di poche ore dall’annuncio, infatti, è stato lo stesso Trump ad ammorbidire nettamente i termini del divieto alla società cinese.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, infatti, il governo Usa avrebbe rilasciato una licenza che consente alle società statunitensi di continuare a fare affari con Huawei per i prossimi tre mesi nel tentativo di contenere le conseguenze delle restrizioni all’esportazione imposte al produttore cinese di apparecchiature per le telecomunicazioni [5].
Perchè?
Come egregiamente spiegato da Business Insider [6], le c.d. terre rare, ossia i minerali come il Coltan necessari per la produzione di dispositivi High Tech e di cui la Cina, che è il principale estrattore mondiale, si prepara a bloccare l’export verso gli USA.
L’industria americana verrebbe in altri termini messa in ginocchio, visto che i canali di approvvigionamento alternativi sono scarsi (Africa in mano cinese, Caucaso asiatico sotto influenza russa e Australia incapace di soddisfare da sola la domanda statunitense), inaffidabili e basati su volumi decisamente più bassi di quelli garantiti dalla Cina. La quale, da sola, esporta negli USA l’80% delle terre rare di cui necessitano [7].
A ciò si aggiunge la crisi della soia che sta mettendo in ginocchio molti coltivatori del Mid-West che campavano sull’onnivora domanda cinese (re-indirizzatasi in fretta e furia verso Messico e Brasile).
La mossa dell’amministrazione Trump, assume inequivocabilmente i tratti di un clamoroso “autogol in semifinale di mondiale” se si considera, infine, un ulteriore elemento, desumibile dalla nota rilasciata da Huawei, ossia che avevano già anticipato questo scenario, lavorando dal 2012 a un sistema operativo proprietario chiamato HongMeng OS [8].
Gli USA hanno prestato il fianco alle formidabili armi di Pechino, decisamente meno mediatiche ma molto più sistemiche e letali.
A questo punto, la guerra che si sta combattendo in America Latina per le terre rare (ma non solo), non potrà che divenire più drammatica [9].
Per avere una visione d’insieme delle complesse dinamiche in atto per l’affermazione dell’egemonia politica economica da parte delle potenze tecnologicamente evolute, in particolare U.S.A., Russia e Cina si rimanda alla collana di articoli “IL (DIS)ORDINE MONDIALE” disponibile nella categoria Internazionale di Crypto Legal.
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NOTE
[1] REUTERS (2019), “Exclusive: Google suspends some Huawei business”
[3] MATTEO FLORA (2019), “La questione Google / Huawei spiegata bene”, YouTube
[8] BIONDI A. (2019), “Usa contro Huawei, Xi Jinping: pronti a un’altra Lunga Marcia”, IlSole24Ore